L’ordinanza della Corte internazionale di giustizia detta misure provvisorie contro il genocidio dei Palestinesi

Pubblichiamo la risoluzione adottata dall’Alleanza giuridica globale per la Palestina, di cui fa parte il CRED, sulla storica decisione della Corte internazionale di giustizia che stabilisce misure provvisorie volte a impedire il genocidio dei Palestinesi da parte di Israele. Segue la versione italiana della risoluzione.

L’ALLEANZA GIURIDICA GLOBALE PER LA PALESTINA SALUTA LA DECISIONE DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA E
CHIEDE L’IMMEDIATA ATTUAZIONE DELLE MISURE PROVVISORIE, COMPRESO L’ARRESTO DI FUNZIONARI ISRAELIANI

L’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia [“CIG”] sulla richiesta di misure provvisorie da parte della Repubblica del Sud Africa segna un notevole avanzamento nella lotta della comunità internazionale e del popolo palestinese, che dura da 75 anni, coll’obiettivo di porre fine all’inottemperanza dello Stato di Israele al diritto internazionale. Le misure dettate dalla Corte concretizzano in modo efficace il suo impegno nella tutela dei diritti umani e dello Stato di diritto a fronte di attacchi senza precedenti volti a distruggere impunemente tali diritti eliminando la stessa esistenza dei Palestinesi.

Il voto quasi unanime dei giudici della Corte rispecchia il crescente isolamento morale di Israele e la sua trasformazione in Stato paria.

Alla luce dello sfrontato rigetto da parte di Israele delle misure vincolanti ordinate dalla Corte Internazionale di Giustizia, della continuazione dei massacri, della distruzione degli aiuti umanitari e della frapposizione di ostacoli alla loro distruzione, nonché dei casi comprovati di tortura di Palestinesi, l’Alleanza rilancia le decisioni della Corte e invita urgentemente le Nazioni Unite, il suo Consiglio di Sicurezza, gli Stati parti della Convenzione sul Genocidio, la comunità giuridica e tutte le persone dotate di coscienza, a garantire l’attuazione immediata, globale ed efficace di tali decisioni, che consistono nelle misure provvisorie volte a far cessare, a prevenire e a punire tutti gli atti che integrano il genocidio, ne causano il rischio o tendono ad aiutare o sostenere il suo compimento, ovvero incitano a commetterlo.

L’Alleanza accoglie con favore la Dichiarazione d’intervento della Repubblica del Nicaragua e l’annuncio della sua intenzione di sporgere denuncia contro il Regno Unito, il Canada e altri Stati occidentali per il loro sostegno al genocidio israeliano in Palestina e la loro complicità nel compimento dello stesso.

L’Alleanza chiede alla Corte Penale Internazionale di emettere, immediatamente, mandati di arresto per la leadership politica e militare israeliana, compresi, ma non solo loro, Netanyahu, Galant, Herzog, Halevi, Alian, Edri, Ben-Gvir e Smotrich per il loro ruolo nel genocidio, e di indagare sui funzionari governativi del Regno Unito e degli Stati Uniti. coinvolti nel genocidio israeliano in Palestina.

L’Alleanza fa inoltre eco al rinnovato appello della Repubblica del Sud Africa affinché gli Stati si uniscano alla fase di merito del caso formalizzando il loro intervento il prima possibile.

Riteniamo doveroso chiarire alcuni fraintendimenti, anche da parte di giuristi, sulla questione dell’assenza di un “ordine di cessate il fuoco”, sull’espressione “rischio plausibile” di genocidio e sul termine di un mese per l’obbligo di relazionare. Chiariamo quanto segue:
le ordinanze che stabiliscono misure provvisorie vengono emesse prima che un caso venga giudicato, senza un’udienza istruttoria ordinaria e in casi di emergenza. La conclusione della Corte di “rischio plausibile” di genocidio è la più forte possibile in questa fase del processo .
Per quanto riguarda l’assenza del termine “cessate il fuoco”, chiariamo che la Corte non avrebbe potuto richiederlo dato che la Palestina e i palestinesi, pur essendo parti del conflitto militare, non sono parti in causa. Affinché la Corte possa ordinare un cessate il fuoco deve esserci un conflitto chiaro e diretto tra le parti in causa. Invece la controversia chiara e diretta tra il Sudafrica e Israele riguarda i loro obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio. La Corte ha tuttavia superato questo ostacolo e ha imposto nei fatti il cessate il fuoco, richiedendo il rispetto da parte di Israele dell’Articolo II della Convenzione sul genocidio, nonché l’adozione da parte sua di tutte le misure volte a prevenire uccisioni, causare gravi danni fisici o mentali, e infliggere condizioni tali da provocare distruzione fisica e impedire le nascite.

Mentre molti hanno paragonato questo caso a quello Ucraina contro Federazione Russa, l’analogia più appropriata dal punto di vista giuridico è costituita dal caso Gambia contro Myanmar a proposito del genocidio dei Rohingya, in cui non è stato emesso alcun ordine di cessate il fuoco perché neanche i Rohingya erano parte nel caso.
L’obbligo che Israele riferisca sul compimento dei propri obblighi conformità entro un mese non gli consente, in alcun modo, di continuare il genocidio. La Corte ha chiarito inequivocabilmente che Israele deve cessare, prevenire e punire immediatamente tutti gli atti potenzialmente genocidi. Sebbene questa misura non contempli il periodo di riferimento di una settimana richiesto dal Sud Africa, notiamo che nel caso del Myanmar la Corte ha ordinato un rapporto entro 6 mesi e non ha imposto tale obbligo nel caso Ucraina contro Russia.

Il tentativo di depotenziare le misure provvisorie ordinate dalla Corte da parte di Israele e dei suoi sostenitori, è quindi privo di base giuridica e mira a eludere gli obblighi e le responsabilità che incombono su Israele e sui suoi complici.

Le misure provvisorie dettate dalla Corte assumono un rilievo storico, trasformando in norme vincolanti, coll’intervento della più alta Corte mondiale, alle richieste e alle azioni globali in difesa della Palestina e devono essere percepite e applicate come tali.

Il rigetto da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’argomentazione israeliana relativa all’autodifesa segna un cambiamento epocale nella valutazione internazionale del comportamento di Israele e dei suoi complici, sia dal punto di vista giuridico che meramente logico-discorsivo.
In tal modo vengono ulteriormente sviluppate le conclusioni raggiunte dalla Corte Internazionale di Giustizia nel Parere consultivo del 2004 sul muro che aveva rilevato che, in quanto potenza occupante belligerante, Israele non ha il diritto all’autodifesa, privandolo quindi della capacità di continuare a invocare questa pretesa per giustificare il suo genocidio e l’occupazione delle terre palestinesi. Il rifiuto di questa argomentazione da parte della Corte assesta un colpo di portata epocale alle argomentazioni statunitensi ed europee per giustificare il loro sostegno militare e finanziario illegale a Israele – rendendoli complici dei crimini israeliani.

Di rilievo storico appare anche la parte dell’ordinanza della Corte che ingiunge di cessare e punire i discorsi che istigano all’odio e contro i Palestinesi, disumanizzandoli. Questa decisione costituisce un avvertimento a Israele, a tutti gli Stati parte e alla società civile internazionale in generale, affinché combattano la retorica anti-palestinese che per troppo tempo è stata tollerata. L’incitamento all’odio anti-palestinese è servito a cancellare e screditare gli allarmi lanciati dai palestinesi riguardo al genocidio sempre più evidente e conclamato, occultando la responsabilità di Israele, e non deve trovare il minimo posto nella società civile.

Di uguale importanza è la conclusione della Corte secondo cui “i Palestinesi sembrano costituire un distinto ‘gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso’ e quindi un gruppo protetto ai sensi dell’articolo II della Convenzione sul genocidio”, smentendo le affermazioni israeliane secondo le quali i Palestinesi non costituiscono una popolazione distinta. Essi quindi non possono essere trasferiti.

La richiesta della Corte che israele conservi le prove, impedendone la distruzione, delinea i futuri svolgimenti del processo, facendo i conti in modo significativo cogli atteggiamenti già tenuti in passato da Israele al riguardo. Ciò dovrebbe servire da monito agli Stati affinché indaghino sulla base fattuale e sulla veridicità delle accuse israeliane contro i palestinesi.

L’Alleanza deve esprimere la sua preoccupazione per l’omissione da parte della Corte di misure che blocchino lo spostamento forzato dei Palestinesi e per il fatto che si faccia riferimento agli ostaggi israeliani, senza menzionare le migliaia di ostaggi palestinesi sottoposti secondo prove consistenti a brutali torture da parte delle forze israeliane. Queste omissioni evidenziano il rischio di un pregiudizio e pertanto l’Alleanza esorta la Corte a considerare tale circostanza in modo da garantire un processo giusto e obiettivo nel prosieguo della trattazione del caso.

L’Alleanza ribadisce il suo sostegno alla decisione della CIG sulle misure provvisorie e sottolinea l’importanza di cogliere questo momento storico, da parte di tutti i settori della società, internazionale e nazionale, per attuare la giustizia per la Palestina e porre fine all’impunità israeliana e alle continue violazioni del diritto internazionale.

A tal fine, e di fronte alle vergognose atrocità israeliane in corso, l’Alleanza invita urgentemente le Nazioni Unite, la Corte penale internazionale, tutti gli Stati e la società civile ad agire per fermare lo sterminio “spaventosamente senza precedenti” dei palestinesi e per costringere Israele a conformarsi al diritto internazionale e alle misure stabilite dalla CIG, ed a

• Sospendere Israele dalle Nazioni Unite e/o, in caso di veto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sospendere Israele tramite l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dagli organismi e dalle attività delle Nazioni Unite per le sue persistenti violazioni della Carta delle Nazioni Unite, in particolare, ma non solo,mediante il ricorso all’apartheid e al genocidio , l’occupazione bellica illegale, l’assedio illegale;

• Mobilitarsi per l’emissione di mandati di cattura da parte della CPI e degli Stati parti della Convenzione sul genocidio nei confronti della leadership militare e politica israeliana per il suo ruolo nell’attuazione del genocidio e nell’istigazione al medesimo;

• Condannare e respingere il discorso genocida e disumanizzante di Israele alle Nazioni e richiedere formalmente che tale discorso comporti l’immediata sospensione e/o rimozione di Israele dalle Nazioni Unite;

• Implementare sanzioni economiche, disinvestimenti ed embarghi finché Israele non si conformerà al diritto internazionale;

• Sospendere le relazioni diplomatiche e finanziarie finché Israele non si conformerà al diritto internazionale;

• Autorizzare la formazione di coalizioni in grado di garantire che gli aiuti possano fluire attraverso il valico di Rafah e/o formare coalizioni per garantire che i corridoi terrestri, marittimi e aerei siano aperti per fornire gli aiuti umanitari urgentemente necessari ai Palestinesi a Gaza;

• Adottare misure legali per prevenire la fornitura da parte di privati ​​cittadini, aziende e altri soggetti del sostegno materiale, finanziario o umano, ai crimini israeliani come identificati in questo caso e come enumerati nella decisione consultiva della CIG sul Muro del 2004;

• Aumentare gli sforzi popolari globali per garantire l’attuazione locale delle misure provvisorie adottando risoluzioni per il cessate il fuoco e il disinvestimento intensificando le azioni per imporre la fine dei crimini e dell’impunità israeliani.

• Punire e prevenire discorsi anti-palestinesi e disumanizzanti da parte di tutti i settori della società in tutte le giurisdizioni, dai media all’accademia, fino ai governi ed oltre.

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