CENTRO DI RICERCA ED ELABORAZIONE PER LA DEMOCRAZIA | GRUPPO DI INTERVENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE

Risoluzione dell’Alleanza giuridica globale per la Palestina sulla storica decisione della Corte internazionale di giustizia che stabilisce misure provvisorie volte a impedire il genocidio dei Palestinesi da parte di Israele.

Pubblichiamo la risoluzione adottata dall’Alleanza giuridica globale per la Palestina, di cui fa parte il CRED, sulla storica decisione della Corte internazionale di giustizia che stabilisce misure provvisorie volte a impedire il genocidio dei Palestinesi da parte di Israele. Seguono le versioni italiana, inglese e spagnola della risoluzione.

L’ALLEANZA GIURIDICA GLOBALE PER LA PALESTINA SALUTA LA DECISIONE DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA E
CHIEDE L’IMMEDIATA ATTUAZIONE DELLE MISURE PROVVISORIE, COMPRESO L’ARRESTO DI FUNZIONARI ISRAELIANI

L’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia [“CIG”] sulla richiesta di misure provvisorie da parte della Repubblica del Sud Africa segna un notevole avanzamento nella lotta della comunità internazionale e del popolo palestinese, che dura da 75 anni, coll’obiettivo di porre fine all’inottemperanza dello Stato di Israele al diritto internazionale. Le misure dettate dalla Corte concretizzano in modo efficace il suo impegno nella tutela dei diritti umani e dello Stato di diritto a fronte di attacchi senza precedenti volti a distruggere impunemente tali diritti eliminando la stessa esistenza dei Palestinesi.

Il voto quasi unanime dei giudici della Corte rispecchia il crescente isolamento morale di Israele e la sua trasformazione in Stato paria.

Alla luce dello sfrontato rigetto da parte di Israele delle misure vincolanti ordinate dalla Corte Internazionale di Giustizia, della continuazione dei massacri, della distruzione degli aiuti umanitari e della frapposizione di ostacoli alla loro distruzione, nonché dei casi comprovati di tortura di Palestinesi, l’Alleanza rilancia le decisioni della Corte e invita urgentemente le Nazioni Unite, il suo Consiglio di Sicurezza, gli Stati parti della Convenzione sul Genocidio, la comunità giuridica e tutte le persone dotate di coscienza, a garantire l’attuazione immediata, globale ed efficace di tali decisioni, che consistono nelle misure provvisorie volte a far cessare, a prevenire e a punire tutti gli atti che integrano il genocidio, ne causano il rischio o tendono ad aiutare o sostenere il suo compimento, ovvero incitano a commetterlo.

L’Alleanza accoglie con favore la Dichiarazione d’intervento della Repubblica del Nicaragua e l’annuncio della sua intenzione di sporgere denuncia contro il Regno Unito, il Canada e altri Stati occidentali per il loro sostegno al genocidio israeliano in Palestina e la loro complicità nel compimento dello stesso.

L’Alleanza chiede alla Corte Penale Internazionale di emettere, immediatamente, mandati di arresto per la leadership politica e militare israeliana, compresi, ma non solo loro, Netanyahu, Galant, Herzog, Halevi, Alian, Edri, Ben-Gvir e Smotrich per il loro ruolo nel genocidio, e di indagare sui funzionari governativi del Regno Unito e degli Stati Uniti. coinvolti nel genocidio israeliano in Palestina.

L’Alleanza fa inoltre eco al rinnovato appello della Repubblica del Sud Africa affinché gli Stati si uniscano alla fase di merito del caso formalizzando il loro intervento il prima possibile.

Riteniamo doveroso chiarire alcuni fraintendimenti, anche da parte di giuristi, sulla questione dell’assenza di un “ordine di cessate il fuoco”, sull’espressione “rischio plausibile” di genocidio e sul termine di un mese per l’obbligo di relazionare. Chiariamo quanto segue:
le ordinanze che stabiliscono misure provvisorie vengono emesse prima che un caso venga giudicato, senza un’udienza istruttoria ordinaria e in casi di emergenza. La conclusione della Corte di “rischio plausibile” di genocidio è la più forte possibile in questa fase del processo .
Per quanto riguarda l’assenza del termine “cessate il fuoco”, chiariamo che la Corte non avrebbe potuto richiederlo dato che la Palestina e i palestinesi, pur essendo parti del conflitto militare, non sono parti in causa. Affinché la Corte possa ordinare un cessate il fuoco deve esserci un conflitto chiaro e diretto tra le parti in causa. Invece la controversia chiara e diretta tra il Sudafrica e Israele riguarda i loro obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio. La Corte ha tuttavia superato questo ostacolo e ha imposto nei fatti il cessate il fuoco, richiedendo il rispetto da parte di Israele dell’Articolo II della Convenzione sul genocidio, nonché l’adozione da parte sua di tutte le misure volte a prevenire uccisioni, causare gravi danni fisici o mentali, e infliggere condizioni tali da provocare distruzione fisica e impedire le nascite.

Mentre molti hanno paragonato questo caso a quello Ucraina contro Federazione Russa, l’analogia più appropriata dal punto di vista giuridico è costituita dal caso Gambia contro Myanmar a proposito del genocidio dei Rohingya, in cui non è stato emesso alcun ordine di cessate il fuoco perché neanche i Rohingya erano parte nel caso.
L’obbligo che Israele riferisca sul compimento dei propri obblighi conformità entro un mese non gli consente, in alcun modo, di continuare il genocidio. La Corte ha chiarito inequivocabilmente che Israele deve cessare, prevenire e punire immediatamente tutti gli atti potenzialmente genocidi. Sebbene questa misura non contempli il periodo di riferimento di una settimana richiesto dal Sud Africa, notiamo che nel caso del Myanmar la Corte ha ordinato un rapporto entro 6 mesi e non ha imposto tale obbligo nel caso Ucraina contro Russia.

Il tentativo di depotenziare le misure provvisorie ordinate dalla Corte da parte di Israele e dei suoi sostenitori, è quindi privo di base giuridica e mira a eludere gli obblighi e le responsabilità che incombono su Israele e sui suoi complici.

Le misure provvisorie dettate dalla Corte assumono un rilievo storico, trasformando in norme vincolanti, coll’intervento della più alta Corte mondiale, alle richieste e alle azioni globali in difesa della Palestina e devono essere percepite e applicate come tali.

Il rigetto da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’argomentazione israeliana relativa all’autodifesa segna un cambiamento epocale nella valutazione internazionale del comportamento di Israele e dei suoi complici, sia dal punto di vista giuridico che meramente logico-discorsivo.
In tal modo vengono ulteriormente sviluppate le conclusioni raggiunte dalla Corte Internazionale di Giustizia nel Parere consultivo del 2004 sul muro che aveva rilevato che, in quanto potenza occupante belligerante, Israele non ha il diritto all’autodifesa, privandolo quindi della capacità di continuare a invocare questa pretesa per giustificare il suo genocidio e l’occupazione delle terre palestinesi. Il rifiuto di questa argomentazione da parte della Corte assesta un colpo di portata epocale alle argomentazioni statunitensi ed europee per giustificare il loro sostegno militare e finanziario illegale a Israele – rendendoli complici dei crimini israeliani.

Di rilievo storico appare anche la parte dell’ordinanza della Corte che ingiunge di cessare e punire i discorsi che istigano all’odio e contro i Palestinesi, disumanizzandoli. Questa decisione costituisce un avvertimento a Israele, a tutti gli Stati parte e alla società civile internazionale in generale, affinché combattano la retorica anti-palestinese che per troppo tempo è stata tollerata. L’incitamento all’odio anti-palestinese è servito a cancellare e screditare gli allarmi lanciati dai palestinesi riguardo al genocidio sempre più evidente e conclamato, occultando la responsabilità di Israele, e non deve trovare il minimo posto nella società civile.

Di uguale importanza è la conclusione della Corte secondo cui “i Palestinesi sembrano costituire un distinto ‘gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso’ e quindi un gruppo protetto ai sensi dell’articolo II della Convenzione sul genocidio”, smentendo le affermazioni israeliane secondo le quali i Palestinesi non costituiscono una popolazione distinta. Essi quindi non possono essere trasferiti.

La richiesta della Corte che israele conservi le prove, impedendone la distruzione, delinea i futuri svolgimenti del processo, facendo i conti in modo significativo cogli atteggiamenti già tenuti in passato da Israele al riguardo. Ciò dovrebbe servire da monito agli Stati affinché indaghino sulla base fattuale e sulla veridicità delle accuse israeliane contro i palestinesi.

L’Alleanza deve esprimere la sua preoccupazione per l’omissione da parte della Corte di misure che blocchino lo spostamento forzato dei Palestinesi e per il fatto che si faccia riferimento agli ostaggi israeliani, senza menzionare le migliaia di ostaggi palestinesi sottoposti secondo prove consistenti a brutali torture da parte delle forze israeliane. Queste omissioni evidenziano il rischio di un pregiudizio e pertanto l’Alleanza esorta la Corte a considerare tale circostanza in modo da garantire un processo giusto e obiettivo nel prosieguo della trattazione del caso.

L’Alleanza ribadisce il suo sostegno alla decisione della CIG sulle misure provvisorie e sottolinea l’importanza di cogliere questo momento storico, da parte di tutti i settori della società, internazionale e nazionale, per attuare la giustizia per la Palestina e porre fine all’impunità israeliana e alle continue violazioni del diritto internazionale.

A tal fine, e di fronte alle vergognose atrocità israeliane in corso, l’Alleanza invita urgentemente le Nazioni Unite, la Corte penale internazionale, tutti gli Stati e la società civile ad agire per fermare lo sterminio “spaventosamente senza precedenti” dei palestinesi e per costringere Israele a conformarsi al diritto internazionale e alle misure stabilite dalla CIG, ed a

• Sospendere Israele dalle Nazioni Unite e/o, in caso di veto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sospendere Israele tramite l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dagli organismi e dalle attività delle Nazioni Unite per le sue persistenti violazioni della Carta delle Nazioni Unite, in particolare, ma non solo,mediante il ricorso all’apartheid e al genocidio , l’occupazione bellica illegale, l’assedio illegale;

• Mobilitarsi per l’emissione di mandati di cattura da parte della CPI e degli Stati parti della Convenzione sul genocidio nei confronti della leadership militare e politica israeliana per il suo ruolo nell’attuazione del genocidio e nell’istigazione al medesimo;

• Condannare e respingere il discorso genocida e disumanizzante di Israele alle Nazioni e richiedere formalmente che tale discorso comporti l’immediata sospensione e/o rimozione di Israele dalle Nazioni Unite;

• Implementare sanzioni economiche, disinvestimenti ed embarghi finché Israele non si conformerà al diritto internazionale;

• Sospendere le relazioni diplomatiche e finanziarie finché Israele non si conformerà al diritto internazionale;

• Autorizzare la formazione di coalizioni in grado di garantire che gli aiuti possano fluire attraverso il valico di Rafah e/o formare coalizioni per garantire che i corridoi terrestri, marittimi e aerei siano aperti per fornire gli aiuti umanitari urgentemente necessari ai Palestinesi a Gaza;

• Adottare misure legali per prevenire la fornitura da parte di privati ​​cittadini, aziende e altri soggetti del sostegno materiale, finanziario o umano, ai crimini israeliani come identificati in questo caso e come enumerati nella decisione consultiva della CIG sul Muro del 2004;

• Aumentare gli sforzi popolari globali per garantire l’attuazione locale delle misure provvisorie adottando risoluzioni per il cessate il fuoco e il disinvestimento intensificando le azioni per imporre la fine dei crimini e dell’impunità israeliani.

• Punire e prevenire discorsi anti-palestinesi e disumanizzanti da parte di tutti i settori della società in tutte le giurisdizioni, dai media all’accademia, fino ai governi ed oltre.

The Global Legal Alliance For Palestine (NY, Geneva)
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The Global Legal Alliance for Palestine [The Alliance]
8, February, 2024
The Global Legal Alliance for Palestine (the Alliance) is a global coalition of practicing attorneys, legal experts, legal organizations, researchers, and human rights experts working to advance Palestinian self-determination ; the popular Palestinian will for freedom, justice, reparations and return ; the Palestinian right to preempt and prosecute genocide, war crimes, apartheid, and crimes against humanity.

THE ALLIANCE WELCOMES THE ICJ DECISION;
CALLS FOR IMMEDIATE MEANINGFUL IMPLEMENTATION OF PROVISIONAL
MEASURES, INCLUDING ARREST OF ISRAELI OFFICIALS
The International Court of Justice’s [“ICJ”] ruling on the Republic of South Africa’s application
for provisional measures signals a remarkable shift in the 75-year international, and Palestinian,
struggle to end Israeli exceptionalism to international law. The Court’s ordered measures are a
powerful affirmation of its commitment to protect human rights and the rule of law in the face of
an unprecedented campaign to destroy those rights by destroying Palestinian life itself- with
impunity. The near unanimous vote by the Court’s judges is reflective of “Israel’s” growing
moral isolation and its standing as a pariah state.
In light of “Israel’s” brazen disregard for the binding measures ordered by the ICJ, including its
unabated massacres, destruction and prevention of humanitarian relief, and verified reports of
torture of Palestinians, the Alliance echoes the Court’s directive and urgently calls upon the U.N.,
its Security Council, state parties to the Genocide Convention, the legal community, and all
people of conscience to ensure the immediate, comprehensive, and forceful implementation of
the ICJ ordered provisional measures to cease, prevent and punish the full gamut of acts
constituting, causing risk of, or tending to aid, support, or incite, genocide.
The Alliance calls upon the Arab Republic of Egypt to immediately open the Rafah crossing and
secure the immediate and safe entry of relief convoys into Gaza, as it is obliged to do pursuant to
its own obligations under the Genocide Convention.
The Alliance welcomes the Declaration of Intervention of the Republic of Nicaragua and its
announcement of intent to bring complaints against the U.K., Canada, and other Western States
for their aid to, and complicity with, the Israeli genocide in Palestine.
1

The Alliance calls upon the International Criminal Court to issue, forthwith, arrest warrants for
Israeli political and military leadership, including but not limited to Netanyahu, Galant, Herzog,
Halevi, Alian, Edri, Ben-Gvir, and Smotrich for their role in the genocide, and to investigate
U.K. and U.S. government officials’ involvement in the Israeli genocide in Palestine.
The Alliance further echoes the renewed call by the Republic of South Africa for states to join
the merits phase of the case by filing Declarations of Intervention at the earliest time possible
We are compelled to first resolve the prevalent misconceptions, including by members of the
legal community, regarding the absence of a “ceasefire order”, the term “plausible risk” of
genocide, and the one-moth reporting requirement. We clarify as follows:
Provisional measures orders are issued before a case has been adjudicated, without a
standard fact-finding hearing, and on an emergency basis. The Court’s finding of
“plausible risk” of genocide is the highest possible finding at this stage of the case. 1
As regards the absence of the term “ceasefire”, we clarify that the Court is limited in its
authorization to call for ceasefire by the fact that Palestine and the Palestinians- while
parties to the military conflict, are not parties to the case. In order for the Court to order a
ceasefire there must be a clear and direct conflict between the parties to the case. 2As
such the only clear and direct conflict between South Africa and “Israel” is as regards
their obligations under, and interpretations of, the Genocide Convention. The Court
overcame this obstacle nonetheless, and mandated an effective ceasefire, by requiring
Israeli compliance with Article II of the Genocide Convention by taking all measures to
prevent killing, causing serious bodily or mental harm, inflicting conditions to cause
physical destruction, and prevent births. While many have compared this case to that of
Ukraine vs The Russian Federation, the more legally apt analogy is the case of The
Gambia vs Myanmar as regards the genocide of the Rohingya, wherein no ceasefire order
was issued because the Rohingya were also not a party to the case.3
1 Such applications, like their equivalents in domestic courts, are based on a primary facia review of the case and only intended to determine whether the threshold required to issue interim orders is met. Thus, by finding “plausible risk of genocide”, the Court reached the standard needed- the highest standard possible at this stage- to issue provisional measures.
2 The requirement of “clear and direct” conflict between parties arises from the ICJ’s established case law. See, Mavrommatis Palestine Concessions Judgment No. 2 (1924), ( “a disagreement on a point of law or fact, a conflict of legal views or of interests” between parties.) ; and see, Ethiopia v. South Africa; Liberia v. South Africa, Preliminary Objections 1962 I.C.J. 328, ( for a dispute to exist, it must be shown that the claim of one party is positively opposed by the other.) ; and see, Alleged Violations of Sovereign Rights and Maritime Spaces in the Caribbean Sea (Nicaragua v. Colombia), Preliminary Objections, 2016 I.C.J. (I) 26.
3 Provisional measures issued herein: prevent all acts under article 2 of the Genocide Convention; ensure military does not commit any acts of genocide; prevent and punish incitement to commit genocide; immediate and effective measures to ensure provision of urgently needed basic services and humanitarian assistance to address the adverse conditions of life faced by Palestinians in Gaza; take effective measures to prevent the destruction and ensure the preservation of evidence related to alleged acts within articles 2 and 3 of the Genocide Convention; report to the Court on its implementation of the order within one month; International Court of Justice, Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (The Gambia v. Myanmar), Provisional Measures, Order of 23 January 2020, [2020] ICJ Rep 1.
2

The requirement that “Israel” report on its compliance within one month does not, in any
way, allow “Israel” to continue its genocide. The Court made it unequivocally clear that
“Israel” is to immediately prevent and punish all potentially genocidal acts. While this
measure fell short of the one-week reporting period South Africa requested, we note that
in the case of Myanmar the Court ordered a report within six (6) months and made no
such reporting requirement in the case of Ukraine vs Russia.
The obfuscation of the Court’s ordered provisional measures, mobilized by “Israel” and its
supporters, is bereft of legal basis and distracts from Israeli compliance obligations and liabilities
– and distracts from the obligations and potential liabilities of its supporter states.
The Court’s provisional measures represent a historic intervention that gives force of law from
the highest world court to global demands and actions in defense of Palestine and must be
perceived and leveraged as such.
The ICJ’s disregard of the Israeli argument of “self-defense” marks a seismic shift in the legal
and discursive international treatment of “Israel” and its supporters. It reinforces the ICJ’s own
findings in the 2004 ICJ advisory opinion on the wall wherein it found that as a belligerent
occupying power, “Israel” does not have a right to self-defense and strips “Israel” of its ability to
continue wielding this claim to justify its genocide in, and occupation of, Palestinian lands4. The
Court’s rejection of this argument lands a historic blow to US and European arguments
underpinning their unlawful military and financial support for “Israel” – and implicates them in
Israeli crimes.
The Court’s landmark order directing that hate-filled and dehumanizing speech against
Palestinians be stopped and punished is also historic. This ruling serves as notice to “Israel”, to
all state parties, and to international civil society at large, to combat anti-Palestinian rhetoric
which has for far too long been normalized. Anti-Palestinian hate-speech has served to erase and
discredit Palestinian-sounded alarms about the incremental and escalating genocide, has
deflected Israeli accountability, and has no place in civilized society.
Of equal import is the Court’s finding that “Palestinians appear to constitute a distinct ‘national, ethnical, racial or religious group,’ and hence a protected group within the meaning of Article II of the Genocide Convention” which flies in the face of Israeli claims that Palestinians are not a distinct population and therefore may not be transferred.
The Court’s requirement that “Israel” preserve and prevent the destruction of evidence
foreshadows the trajectory of this case and signals an acknowledgment of Israeli history and
propensity in this regard. This should serve as warning to states to investigate the factual basis,
and veracity, of Israeli allegations against Palestinians.
4 Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, Advisory Opinion, ICJ GL No 131, [2004] ICJ Rep 136, (2004) 43 ILM 1009, ICGJ 203 (ICJ 2004), 9th July 2004, United Nations [UN]; International Court of Justice [ICJ] paragraphs 139 & 142.
3

The Alliance must also note its concern about the Court’s omission of measures addressing the
forced displacement of Palestinians and its dicta about Israeli hostages to the exclusion of dicta
about the thousands of Palestinians hostages who are credibly reported to suffer brutal torture at
the hands of Israeli forces. These disparate omissions raise questions about potential bias; thus,
the Alliance urges the Court to challenge and consider this bias so that it may ensure a fair and
unprejudiced process is had in the remainder of this case.
The Alliance reiterates its support of the ICJ’s decision on provisional measures and underscores the importance of leveraging this historic moment, by all sectors of society, international and domestic, to implement justice for Palestine and end Israeli impunity and ongoing violations of international law.
To that end, and in the face of ongoing Israeli egregious atrocities, the Alliance urgently calls upon the U.N., the International Criminal Court, all States, and civil society to act to stop the “frighteningly unprecedented” extermination of Palestinians and to compel “Israel” to comply with international law and the ICJ ordered measures, in part, by:
• Suspending “Israel” from the U.N. and/or in the case of UNSC veto of same, suspending “Israel” by way of the UNGA from U.N. bodies and activities for its persistent violations of the U.N. Charter including but not limited to its practices of Apartheid, genocide, unlawful belligerent occupation, unlawful siege; and
• Mobilizing for the issuance of arrest warrants by the ICC, and by State parties to the Genocide Convention for Israeli military and political leadership for their role in, and incitement to, genocide;
• Censuring and rejecting genocidal and dehumanizing speech by “Israel” at the UN and issuing formal demand and notice that such speech shall warrant immediate suspension and/or removal of “Israel” from the UN; and
• Implementing economic sanctions, divestment, and embargoes until “Israel” complies with international law; and
• Severing diplomatic and financial ties until “Israel” complies with international law; and
• Opening the Rafah crossing and authorizing the formation of coalitions capable of
ensuring that aid is allowed to flow through the Rafah crossing and/or form coalitions to ensure land, sea and air corridors are opened to provide urgently needed humanitarian relief to Palestinians in Gaza; and
• Enacting legal measures to prevent and punish private citizens, corporations, and other parties from providing material support, whether material, financial, or human, to Israeli crimes as raised in this instant case and as enumerated in the ICJ advisory decision on the Wall in 2004; and
• •
Increasing popular global efforts to ensure the local implementation of the provisional
measures by adopting ceasefire and divestment resolutions and taking escalated actions to
compel the end of Israeli crimes and impunity.
Punishing and preventing anti-Palestinian, dehumanizing, speech by all sectors of society
in all jurisdictions, from media to academia, governance and beyond.
4

The Global Legal Alliance For Palestine (NY, Geneva)
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Alianza Legal Global por Palestina [LaAlianza]

​​​​​​​​​​8 de febrero, 2024

 

La Alianza Legal Global por Palestina (La Alianza) es unacoalición global de abogados en ejercicio, expertos legales, organizaciones legales, investigadores y expertos en derechos humanos que trabajan para promover la autodeterminaciónpalestina; la voluntad popular palestina de libertad, justicia, reparaciones y retorno; el derecho palestino a prevenir y procesar el genocidio, los crímenes de guerra, el apartheid y los crímenes contra la humanidad.

 

LA ALIANZA JURÍDICA GLOBAL POR PALESTINA

AGRADECE LA DECISIÓN DE LA CIJ;

LLAMA A LA INMEDIATA Y SIGNIFICATIVA IMPLEMENTACIÓN DE LAS MEDIDAS PROVISIONALES, INCLUYENDO EL ARRESTO DE FUNCIONARIOS ISRAELÍES

El fallo de la Corte Internacional de Justicia [“CIJ”] sobre la solicitud de medidas provisionales presentada por la República de Sudáfrica señala un cambio notable en la lucha internacional y palestina de 75 años para poner fin al excepcionalismo israelí ante el derecho internacional. Las medidas ordenadas por la Corte son una poderosa afirmación de su compromiso de proteger los derechos humanos y el estado de derecho frente a una campaña sin precedentes para destruir esos derechos destruyendo la vida palestina misma, con impunidad. El voto casi unánime de los jueces de la Corte refleja el creciente aislamiento moral de “Israel” y su posición como Estado paria.

A la luz del descarado desprecio de “Israel” por las medidas vinculantes ordenadas por la CIJ, incluidas sus incesantes masacres, destrucción y prevención de la ayuda humanitaria y los informes verificados de tortura de palestinos, la Alianza se hace eco de la directiva de la Corte y pide urgentemente a la ONU, su Consejo de Seguridad, los Estados partes de la Convención sobre el Genocidio, la comunidad jurídica y todas las personas con conciencia para garantizar la implementación inmediata, integral y contundente de las medidas provisionales ordenadas por la CIJ para cesar, prevenir y castigar toda la gama de actos que constituyen, causan riesgo de genocidio o que tiende a ayudar, apoyar o incitar al genocidio.

La Alianza insta a la República Árabe de Egipto a abririnmediatamente Rafah y garantizar la entrada inmediata y segura convoys de socorro a Gaza, como está obligada a hacerlo de conformidad con sus propias obligaciones en virtud de la Convención sobre el Genocidio. La Alianza saluda la Declaración de Intervención de la República de Nicaragua y su anuncio de intención de presentar denuncias contra el ReinoUnido, Canadá y otros Estados occidentales por su ayuda y complicidad con el genocidio israelí en Palestina.

.

La Alianza pide a la Corte Penal Internacional que emita, de inmediato, órdenes de arresto contra los líderes políticos y militares israelíes, incluidos, pero no limitados a, Netanyahu, Galant, Herzog, Halevi, Alian, Edri, Ben-Gvir y Smotrich por su papel en el genocidio, y que investigue la involucración de funcionarios gubernamentales del Reino Unido y los Estados Unidos en el genocidio israelí en Palestina.

La Alianza se hace eco además del renovado llamado de la República de Sudáfrica para que los estados se unan a la fase de fondo del caso presentando Declaraciones de Intervención lo antes posible.

Nos vemos obligados a resolver primero los conceptos erróneosprevalentes, incluso entre miembros de la comunidad jurídica, respecto de la ausencia de unaorden de alto el fuego“, el términoriesgo plausible” de genocidio y el requisito de presentar informes en un mes. Aclaramos lo siguiente:

Las órdenes de medidas provisionales se dictan antes de que se resuelva un caso, sin una audiencia estándar de determinación de los hechos y con carácter de emergencia. La conclusión del Tribunal de “riesgo plausible” de genocidio es la conclusión más alta posible en esta etapadel caso.  

En cuanto a la ausencia del término “alto el fuego“, aclaramos que la autoridad de la Corte para pedir un alto el fuego está limitada por el hecho de que Palestina y los palestinos, si bien son partes en el conflicto militar, no lo son en el caso. Para que la Corte ordene un alto el fuegodebe existir un conflicto claro y directo entre las partes del caso..  Como tal, el único conflicto claro y directo entreSudáfrica e “Israel” se refiere a sus obligaciones e interpretaciones de la Convención sobre el Genocidio. No obstante, la Corte superó este obstáculo y ordenó un alto el fuego efectivo, al exigir que Israel cumpliera con el artículoII de la Convención sobre el Genocidio tomando todas las medidas para evitar matar, causar daños corporales o mentales graves, infligir condiciones que causendestrucción física e impedir nacimientos..

El requisito de que “Israel” informe sobre su cumplimientoen el plazo de un mes no permite, de ninguna manera, que“Israel” continúe con su genocidio. La Corte dejóinequívocamente claro que “Israel” debe detener, preveniry castigar inmediatamente todos los actos potencialmentegenocidas. Si bien esta medida no cumplió con el períodode presentación de informes de una semana solicitado porSudáfrica, observamos que en el caso de Myanmar la Corte ordenó un informe dentro de los seis (6) meses y no impusotal requisito en el caso de Ucrania contra Rusia.

La confusión ante las medidas provisionales ordenadas por la Corte, movilizada por “Israel” y sus partidarios, carece de fundamento jurídico y distrae la atención de las obligaciones y responsabilidades de cumplimiento de Israel –y distrae la atención de las obligaciones y responsabilidades potenciales de los Estados que la apoyan.

Las medidas provisionales de la Corte representan una intervención histórica que otorga fuerza de ley desde el máximo tribunal mundial a las demandas y acciones globales en defensa de Palestina y deben ser percibidas y aprovechadas como tales.

El desprecio por parte de la CIJ del argumento israelí de “autodefensamarca un cambio sísmico en el tratamiento legal y discursivo internacional de “Israel” y sus partidarios. Refuerza las propias conclusiones de la CIJ en la opinión consultiva de la CIJ de 2004 sobre el muro, en la que encontró que, como potencia ocupantebeligerante, “Israel” no tiene derecho a la autodefensa y despoja a “Israel” de su capacidad de continuar ejerciendo este reclamo para justificar su genocidio y ocupación de tierras palestinas. El rechazo de este argumento por parte de la Corte asesta un golpe histórico a los argumentos estadounidenses y europeos que sustentan su apoyo militar y financiero ilegal a “Israel”, y los implica en crímenes israelíes.

 

La histórica orden de la Corte que ordena que se detenga y castigue el discurso lleno de odio y deshumanizante contra los palestinos también es histórica. Este fallo sirve como aviso a “Israel”, a todos los Estados parte y a la sociedad civil internacional en general, para que combatan la retórica anti-Palestina que se ha normalizado durante demasiado tiempo. El discurso de odio anti palestino ha servido para borrar y desacreditar las alarmas que los palestinos hicieron sonar sobre el genocidio incremental y creciente, ha desviado la responsabilidad israelí y no tiene cabida en la sociedad civilizada.

De igual importancia es la conclusión de la Corte de que “los palestinos parecen constituir un ‘grupo nacional, étnico, racial o religioso’ distinto y, por tanto, un grupo protegido en el sentido del artículo II de la Convención sobre el Genocidio”, lo que va en contra de las afirmaciones israelíes que los palestinos no son una población distinta y, por lo tanto, no pueden ser trasladados.

 

El requisito de la Corte de que “Israel” preserve e impida la destrucción de pruebas presagia la trayectoria de este caso y señala un reconocimiento de la historia israelí y su propensión a este respecto. Esto debería servir como advertencia a los Estados para que investiguen la base fáctica y la veracidad de las acusaciones israelíes contra los palestinos.

La Alianza también muestra su preocupación por la omisión por parte de la Corte de medidas que abordan el desplazamiento forzado de palestinos y sus dictados sobre los rehenes israelíes, excluyendo los dictados sobre los miles de rehenes palestinos que, según informes creíbles, sufren torturas brutales a manos de las fuerzas israelíes. Estas omisiones dispares plantean dudas sobre posibles sesgos; por lo tanto, la Alianza insta a la Corte a cuestionar y considerar este sesgo para que pueda garantizar un proceso justo y sin prejuicios en el resto de este caso.

La Alianza reitera su apoyo a la decisión de la CIJ sobre medidas provisionales y subraya la importancia de aprovechar este momento histórico, por parte de todos los sectores de la sociedad, internacional y nacional, para implementar justicia para Palestina y poner fin a la impunidad israelí y a las continuas violaciones del derecho internacional.

Con ese fin, y ante las atrocidades israelíes en curso, la Alianza llama urgentemente a las Naciones Unidas, a la Corte Penal Internacional, a todos los Estados y a la sociedad civil a actuar para detener el exterminio “espantosamente sin precedentes” de los palestinos y obligar a “Israel” para cumplir con el derecho internacional y las medidas ordenadas por la CIJ, por medio, entre otros, de:

 

Suspender a “Israel” de las Naciones Unidas y/o, en caso de veto del Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas, suspender a “Israel” a través de la Asamblea General de las Naciones Unidas de los órganos y actividades de las Naciones Unidas por sus persistentes violaciones de la Carta de las Naciones Unidas, incluidas, pero no limitadas a, sus prácticas de apartheid, genocidio, ocupación beligerante ilegal, asedio ilegal; y
Movilizarse para que la CPI y los Estados parte en la Convención sobre el Genocidio emitan órdenes de arresto contra los dirigentes militares y políticos israelíes por su papel en el genocidio y su incitación al mismo;
Censurar y rechazar el discurso genocida y deshumanizante de “Israel” en la ONU y emitir una demanda formal y aviso de que dicho discurso justificará la suspensión inmediata y/o remoción de “Israel” de la ONU; e
Implementar sanciones económicas, desinversiones y embargos hasta que “Israel” cumpla con el derecho internacional; y
Cortar los lazos diplomáticos y financieros hasta que “Israel” cumpla con el derecho internacional; y
Abrir el cruce de Rafah y utorizar la formación de coaliciones capaces de garantizar que se permita el paso de la ayuda a través del cruce de Rafah y/o formar coaliciones para garantizar que se abran corredores terrestres, marítimos y aéreos para proporcionar la ayuda humanitaria que los palestinos en Gaza necesitan con urgencia; y
Promulgar medidas legales para prevenir y castigar a ciudadanos privados, corporaciones y otras partes por brindar apoyo material, ya sea material, financiero o humano, a los crímenes israelíes como se planteó en este caso y como se enumera en la decisión consultiva de la CIJ sobre el Muro en 2004; y
Incrementar los esfuerzos populares globales para asegurar la implementación local de las medidas provisionales mediante la adopción de resoluciones de alto el fuego y desinversión y la adopción de medidas intensificadas para obligar al fin de los crímenes y la impunidad israelíes.
Castigar y prevenir el discurso anti palestino ydeshumanizante por parte de todos los sectores de la sociedad en todas las jurisdicciones, desde los medios hasta la academia, la gobernanza y más allá.

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